La batteria termica

Che cos’è una batteria termica?

Le batterie termiche sono dispositivi progettati per immagazzinare energia sotto forma di calore e rilasciarlo quando richiesto. Ne esistono di vari tipi, che ricorrono a principi di funzionamento diversi e possono contenere sostanze diverse, come vedremo nel resto dell’articolo.

In linea teorica, moltissimi materiali possono accumulare calore e rilasciarlo in seguito – per esempio, una padella in metallo resta calda per diversi minuti dopo averla tolta dal fornello – ma non tutti possono essere definiti “batterie”. Ci dedicheremo in particolare ad approfondire le batterie termiche in commercio pensate per rispondere alle esigenze attuali del mercato, soprattutto per quanto riguarda la produzione di acqua calda sanitaria (ACS).

Quando si parla di accumuli termici in questo contesto, ci si riferisce solitamente ai serbatoi usati per stoccare acqua calda nei sistemi a produzione non istantanea di ACS. Le batterie termiche sono qualcosa di diverso e tecnologicamente ben più avanzato: sono basate su materiali a cambiamento di fase (PCM, dall’inglese Phase Change Material) e presentano numerosi vantaggi rispetto agli accumuli tradizionali.

Menzionare l’energia oggi significa subito evocare la prospettiva della transizione ecologica: da quali fonti proviene questa energia? In che modo le batterie termiche si inseriscono negli obiettivi di riduzione delle emissioni, di riduzione dei consumi e di passaggio alle fonti di energia rinnovabile che in questi anni coinvolgono i cittadini, le imprese e le istituzioni? Sono domande pertinenti, che affronteremo. Le batterie termiche possono risultare determinanti da questo punto di vista, rendendo più facile e più economica la transizione ecologica per moltissime persone.

Perché scegliere una batteria ad accumulo termico?

Se il calore è gratis, non è sempre disponibile. Se è sempre disponibile, non è gratis. È questo il motivo di fondo per cui è utile inventare sistemi di conservazione del calore.

Per essere più chiari: il sole è una fonte di energia termica gratuita, ma non splende in cielo con la stessa intensità a tutte le ore né in tutti i mesi; al gas o all’elettricità invece possiamo ricorrere quando vogliamo, ma farlo ha un costo che vediamo riflesso in bolletta a fine mese.

Una batteria termica permette da un lato di rendere più continuo l’utilizzo di calore generato da fonti rinnovabili, e dall’altro di rendere più economico l’utilizzo di energia proveniente da fonti non rinnovabili. Elettricità e gas dalla rete, infatti, hanno un costo al consumo che varia a seconda delle ore del giorno: con una batteria termica, possiamo ricorrere a queste fonti non rinnovabili solo negli orari più convenienti, accumulare l’energia e usarla quando ne abbiamo bisogno.

Oltre a questo ragionamento di base, c’è ancora molto da dire sulle tipologie in cui le batterie termiche si suddividono e sulle loro principali caratteristiche: principi di funzionamento, durata, affidabilità, costo e così via. Le approfondiremo nei successivi paragrafi.

Come funzionano le batterie termiche? Principi di funzionamento

Le batterie termiche contengono materiali a cambiamento di fase, sostanze in grado di accumulare e rilasciare energia termica latente con grande efficienza.

Il calore latente è quello che una sostanza assorbe o rilascia quando passa da uno stato della materia all’altro; i PCM, in particolare, sottraggono calore all’ambiente quando passano dallo stato solido a quello liquido, mentre ne cedono quando passano dallo stato liquido a quello solido.

 

Si chiama invece calore sensibile quello che una sostanza assorbe o rilascia senza cambiare stato, variando solo la propria temperatura. L’acqua nei serbatoi di ACS, per esempio, rappresenta un accumulo di energia termica sensibile.

 

Come si classificano i PCM?

I materiali a cambiamento di fase contenuti nelle batterie termiche possono essere di due tipi: inorganici o organici. I primi sono solitamente composti da metalli o sali idrati (miscele di sali e acqua). I secondi si suddividono in paraffinici (derivati dal petrolio, i più comuni) e non paraffinici (derivati da altri materiali, talvolta vegetali).

 

I PCM all’interno di ciascuna categoria possiedono tratti comuni e differenze che sarebbe impossibile trattare per intero in questo solo articolo. Faremo però un’utile panoramica di aiuto per lettori e lettrici che, pur privi di preparazione specialistica, sono interessati a conoscere gli aspetti più importanti di questi innovativi materiali.

 

Durata e affidabilità delle batterie termiche

La durata delle batterie termiche si può misurare in cicli, dove ogni ciclo conta due transizioni di fase compiute dal PCM: dallo stato solido a quello liquido, e poi di nuovo da liquido a solido. Si stima che i PCM compiano 1 o 1,5 cicli al giorno nelle applicazioni domestiche.

 

I produttori di PCM sono chiamati quindi a realizzare sostanze stabili, cioè capaci di effettuare migliaia o decine di migliaia di transizioni di fase conservando le proprietà originali: cambiando sempre stato (liquido-solido, solido-liquido) intorno alla stessa temperatura e scambiando sempre la stessa quantità di energia con l’ambiente.

 

I PCM inorganici offrono una densità energetica elevata, con costi potenzialmente ridotti, ma possono essere incompatibili con alcuni materiali e più difficili da stabilizzare – con un’eccezione rilevante in Plentigrade, di cui parleremo più avanti – mentre i PCM organici offrono energie latenti inferiori e possono avere caratteristiche di infiammabilità.

Il punto di forza di Sunamp, con il suo PCM brevettato Plentigrade, è aver gestito e risolto queste problematiche; a confronto, un accumulo ACS tradizionale è molto più esigente e richiede attenzioni ben più frequenti per non incorrere in gravi danni o malfunzionamenti. Ne parliamo nel paragrafo seguente.

 

Manutenzione delle batterie termiche

Vantaggio importante delle batterie termiche, rispetto agli accumuli ACS, è la liberazione dell’utente da ogni responsabilità di manutenzione ordinaria.

 

Gli accumuli ACS, contenendo acqua stagnante, possono diventare habitat ideali per il pericoloso batterio della Legionella, e per questo necessitano di manutenzione dal punto di vista igienico-sanitario, con controlli e dispendiosi cicli antilegionella per sterilizzare l’acqua nel serbatoio e nelle tubazioni (soprattutto nei ricircoli). Inoltre, nell’acqua sedimenta il calcare: per evitare che occluda o corroda le tubazioni, bisogna sostituire periodicamente il cosiddetto “anodo sacrificale”, un’asta di metallo deputata a catturare il calcare all’interno del serbatoio e a farsi carico che non vada a depositarsi.

 

Le batterie termiche non sono esposte ad alcuno di questi problemi, e così garantiscono maggiore serenità tanto all’utente quanto all’installatore.

 

Quanto costano le batterie termiche?

Le batterie termiche possono avere un prezzo maggiore rispetto agli accumuli ACS, sebbene i prezzi dei serbatoi varino tantissimo dal loro isolamento (Thermino xPlus è classe A+, mentre la maggioranza dei serbatoi ACS è ancora classe C), e variano a seconda dei modelli dai 1.500 € fino ai 4.000 €. Per valutare correttamente la spesa, però, bisogna considerare anche le cifre che è possibile risparmiare grazie al lungo ciclo di vita di una batteria a PCM, grazie all’eliminazione degli interventi di manutenzione e soprattutto grazie al potenziale raggiungimento dell’autoconsumo attraverso fonti rinnovabili.

 

Proprio a proposito dell’autoconsumo, approfondiremo nel seguito dell’articolo il caso in cui una batteria termica venga collegata a un impianto solare fotovoltaico munito di batterie elettriche e a una pompa di calore: una prospettiva in cui l’energia solare (tramite il fotovoltaico) e il calore dell’aria, dell’acqua o del suolo (tramite la pompa di calore) arrivano a soddisfare il 100% del fabbisogno energetico domestico per la produzione di ACS.

 

Perchè il materiale a cambiamento di fase è molto più efficiente

A parità di volume, i PCM sono in grado di stoccare molta più energia termica rispetto all’acqua degli accumuli ACS, perché sfruttano l’energia latente e non quella sensibile, come abbiamo visto poco sopra.

 

È anche possibile ragionare a parità di energia stoccata: in quel caso, avremo che la batteria termica a PCM potrà conservare la stessa quantità di calore di un serbatoio d’acqua occupando molto meno spazio.

 

Bisogna considerare in particolare il caso dell’installazione della pompa di calore: questa tecnologia, fino a prima dell’arrivo delle batterie termiche, andava obbligatoriamente accompagnata a un bollitore di acqua calda sanitaria. Le capacità di questi serbatoi, comprese di solito tra i 150 e i 300 litri nei casi residenziali, li rendono proibitivi per tutte le case che non abbiano a disposizione spazio in abbondanza. Le batterie termiche a PCM sono molto più compatte e permettono di ovviare a questo problema, aprendo a molte più famiglie la possibilità di godere dei vantaggi della transizione ecologica con la pompa di calore e le rinnovabili.

 

Introduzione alla tecnologia Plentigrade, il PCM brevettato da Sunamp

Plentigrade è il materiale inorganico a cambiamento di fase contenuto nelle 

batterie termiche Thermino, sviluppate da Sunamp.

 

È stato creato e brevettato da Sunamp in collaborazione con l’Università di Edimburgo, una tra le 20 migliori università del mondo, e col sincrotrone Diamond Light Source, l’acceleratore di particelle nazionale del Regno Unito.

 

Si tratta di un PCM ad alta performance, con una capacità virtualmente illimitata di passare da solido a liquido e viceversa.

 

I PCM inorganici di solito sono i meno stabili; Plentigrade invece è certificato fino a 10.000 cicli ma è stato portato in laboratorio fino a oltre 40.000 cicli: a quel punto, il test è stato interrotto solo perché una previsione di vita molto superiore ai 50 anni risultava più che sufficiente, non perché il materiale mostrasse segni di instabilità.

 

Vantaggi delle batterie termiche basate su Plentigrade

Plentigrade possiede una notevolissima densità energetica e non richiede il reperimento di sostanze rare e costose. Al contrario: i sali che contiene sono sottoprodotti dell’industria chimica o semplici prodotti chimici di base con diverse catene di approvvigionamento.

 

Anche dal punto di vista della sicurezza e della tutela dell’ambiente, Plentigrade è ideale. È riciclabile senza rischi, non è infiammabile e non è tossico.

 

Batterie termiche e impianti solari fotovoltaici

Le batterie termiche possono rappresentare un utile complemento di un impianto solare fotovoltaico, aumentando le potenzialità di autoconsumo delle famiglie.

 

Un impianto solare fotovoltaico converte la luce del sole in energia elettrica utilizzando pannelli solari costituiti, di solito, da cristalli di silicio in celle fotovoltaiche. L’elettricità così ottenuta può essere utilizzata immediatamente, immagazzinata in batterie per un uso successivo, o immessa nella rete elettrica.

 

Differenze tra batteria elettrica e batteria termica

Quando parliamo di batterie dell’impianto fotovoltaico, è importante non confonderle con le batterie termiche. Mentre queste ultime accumulano calore, le batterie degli impianti fotovoltaici accumulano elettricità; sono nella gran parte dei casi batterie al litio o ai sali di sodio, tipicamente installate a muro o a pavimento, e forniscono energia agli impianti e agli elettrodomestici dentro l’abitazione ma volendo possono anche essere usate per ricaricare le batterie di un’auto elettrica.

 

L’energia accumulata dalle batterie termiche, invece, può essere frutto della conversione dell’elettricità generata dall’impianto fotovoltaico, ma può anche essere generata attraverso una pompa di calore (la cui energia proverrà, a sua volta, dal fotovoltaico).

 

Batterie elettriche e batterie termiche per l’autoconsumo

Il vantaggio principale delle batterie, tanto elettriche quanto termiche, è la possibilità stessa di immagazzinare energia.

 

Per avvicinarci al totale autoconsumo e all’indipendenza da fonti fossili, la strategia migliore è quella di usare insieme un impianto solare fotovoltaico dotato di batterie elettriche che faccia funzionare una pompa di calore, e con questa alimentare una batteria termica. Produrremo così ACS in ogni momento senza bisogno di ricorrere alla rete elettrica né al gas, azzerando la CO2 che altrimenti sarebbe inevitabile emettere.

 

Il rapporto tra batterie termiche e batterie elettriche è dunque di reciproca integrazione, sebbene il costo al kWh sia molto più favorevole in una batteria termica (che talvolta può quindi essere preferita): si tratta di due strumenti diversi con funzionalità diverse, che possono però contribuire a un unico fine, ossia ottimizzare l’autoconsumo.

La batteria termica ci permetterà di produrre ACS riducendo i consumi energetici da fonti non rinnovabili, di azzerare le emissioni di anidride carbonica, di eliminare le necessità di manutenzione ordinaria che avremmo con un accumulo ACS tradizionale, e in ultima analisi di risparmiare. Si tratta di un risparmio non immediato, che emerge sul medio-lungo periodo, ma i costi dell’energia da fonti fossili ha dimostrato negli ultimi anni di poter aumentare in modo consistente, e quindi è saggio prendere precauzioni il prima possibile per massimizzare il valore del proprio investimento in una produzione domestica sostenibile di ACS.